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SUCCESSIONI


L'acquisto dell'eredità


Tre sono i presupposti necessari per l'acquisto dell'eredità:
1.la vocazione dell'erede, che consiste nella designazione del successibile per testamento o per legge;
2.la delazione dell'erede, cioè il fenomeno dell'offerta del patrimonio ereditario al successibile, normalmente coincidente con la vocazione;
3.l'accettazione, che è lo strumento tecnico con cui si acquista l'eredità.
La qualità di erede non si acquisisce infatti automaticamente.
Essa necessita di una manifestazione di volontà orientata in tal senso ed i cui effetti retroagiscono al momento dell'apertura della successione (art.459 cod.civ.), coincidente con la morte del testatore nel luogo del suo ultimo domicilio (art. 456 cod.civ.).
L'accettazione, elemento indispensabile per l'acquisto dell'eredità stessa, si prescrive in 10 anni (art. 480 c.c.).
Essa può essere pura e semplice o con il beneficio dell'inventario.
Nel primo caso si verifica una confusione tra il patrimonio del defunto e quello dell'erede, e quest'ultimo è responsabile per i debiti ed i legati ereditari anche al di là del valore dei beni che gli sono pervenuti, mentre nel secondo il patrimonio del testatore rimane distinto da quello dell'erede, che risponde delle obbligazioni trasmessegli solo nei limiti del valore del patrimonio ereditario.
Quanto alla forma, l'accettazione può essere espressa, tacita e presunta o legale.
E' espressa ove in un atto pubblico od in una scrittura privata il chiamato all'eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede.
E' tacita (art. 476 c.c.) quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, come ad es. avvalersi dell'azione di petizione.
E' presunta o legale quando il chiamato pone in essere atti di disposizione che, con presunzione assoluta, vengono considerati atti di accettazione implicita, come la donazione, la vendita o la rinuncia dei diritti di successione (cfr artt. 477 e 478 cod.civ).

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